Foto in copertina da: https://www.italian.tech/.
Non neghiamocelo, un Dio del calcio esiste, si manifesta raramente certo, è insito nel suo essere divino, ma opera in modo decisivo seppur imperscrutabile. È stato Lui, oltre all’Italia certo, a decretare che l’Inghilterra non poteva vincere il campionato europeo per nazioni. Italia – Inghilterra, finale di Euro 2021, doveva andare così.

Se penso a com’è andata, mi viene in mente il mito di Dedalo e Icaro e di quelle ali che parevano salvezza e sono invece state condanna. L’Inghilterra ha infatti trovato in un paio d’ali il mezzo ideale per fiondarsi su Wembley, accompagnata da venti favorevoli dati: dal calendario; dal vantaggio di aver giocato solo una gara in trasferta ( a Roma, in occasione dei quarti ); da un rigore molto dubbio che le ha permesso di superare la Danimarca; da uno slogan, potente ma effimero: “It’s coming home”, che incorona, secondo logiche che sfuggono ai più, l’Inghilterra quale patria di quella coppa. Che non si fraintenda, ha meritato di essere in finale, ma nulla di più.

È stato proprio sotto la spinta di questi fattori illusori e poco genuini che l’Inghilterra è apparsa temibile, in un grande e sanguinoso bluff, la più temibile. Siamo rimasti noi e loro a volare su Wembley ma mentre noi, dopo primi battiti d’ali complicati, cominciavamo a godere della passeggiata sul cielo, del panorama, delle emozioni, mentre “volavamo a mezza altezza per non inumidire, appesantendole, le ali e tenendoci a debita distanza dal sole”, l’Inghilterra sottovalutava i tiepidi raggi solari, con quelle ali saldate da nient’altro che cera, fragili che, come quelle indossate da Dedalo e Icaro per fuggire dal labirinto in cui era rinchiuso il Minotauro.

Decretata la sconfitta dagli undici metri, i tifosi inglesi hanno via via abbandonato lo stadio e boicottato la premiazione, rifiutando di riconoscere la vittoria degli avversari e di celebrare comunque lo straordinario percorso della squadra allenata da Gareth Southgate. L’Inghilterra, in caduta libera dopo il rigore decisivo parato da Donnarumma, è stata lasciata sola, letteralmente dimenticata dai propri tifosi, passata di moda come i tormentoni estivi alle prime giornate di settembre. Perdere è complicato, perdere da soli è triste.

In fondo, tutto questo porta quasi a pensare che in questa finale l’Italia abbia trionfato non tanto perché più forte dell’Inghilterra ma perché migliore ( in questo contesto e momento specifico ): mentre oltremanica lanciavano una assurda petizione per rigiocare la finale, Capitan Chiellini e compagni decidevano, all’unanimità, di devolvere l’intero premio in beneficenza: differenza di vedute. Va citata, nella deludente linea inglese, l’eccezione Southgate, un uomo composto e distinto, l’unico sottolineare quanto fosse importante NON fischiare l’inno italiano. Ahimè, immaginerete per quale scelta hanno optato i tifosi inglesi: altra pasta.

L’immagine dell’Inghilterra, come quella di un pallone rattoppato male, ne è uscita triste e malconcia e stupisce che una nazione dalle radici così profonde, così distinta, cosi multietnica, continui a non capire che, per imparare a vincere si deve saper perdere e bisogna sempre volare a mezza altezza, senza appesantire le proprie ali, volando sempre a debita distanza dal sole. Bisognerebbe ricordarlo, o meglio, insegnarlo agli amici inglesi: l’arroganza non vince mai, soprattutto quando vola su ali di cera.